Inidoneità alla mansione e ricollocazione: cosa prevede la normativa
05.12.2025

Inidoneità alla mansione e ricollocazione: cosa prevede la normativa

Inidoneità alla mansione e ricollocazione: riferimenti normativi e ambito applicativo

L’inidoneità alla mansione si verifica quando un lavoratore, per condizioni di salute sopravvenute o accertate, non risulta più idoneo a svolgere le attività previste dal proprio ruolo. Il tema è disciplinato da un insieme di norme che regolano la tutela della salute, l’organizzazione del lavoro e il diritto alla permanenza occupazionale, con particolare rilevanza nei casi che coinvolgono persone appartenenti alle categorie protette.

 

Accertamento dell’inidoneità: il ruolo del medico competente

L’accertamento dell’inidoneità alla mansione rientra nella sorveglianza sanitaria prevista dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Il medico competente esprime un giudizio riferito alla specifica mansione, che può essere:

  • idoneità piena;

  • idoneità con prescrizioni o limitazioni;

  • inidoneità temporanea;

  • inidoneità permanente.

Il giudizio è comunicato al lavoratore e al datore di lavoro. Il lavoratore può presentare ricorso entro 30 giorni all’organo di vigilanza territorialmente competente.

 

Valutazione delle mansioni e possibilità di ricollocazione

A seguito del giudizio di inidoneità, il datore di lavoro è tenuto a valutare la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni compatibili con lo stato di salute accertato. Tale obbligo si colloca nel quadro delle disposizioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro e della disciplina del mutamento di mansioni di cui all’articolo 2103 del Codice Civile.

La verifica deve essere effettiva e riferita all’organizzazione aziendale nel suo complesso e può riguardare:

  • mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte;

  • mansioni diverse compatibili con le condizioni di salute, nel rispetto dei limiti previsti dall’ordinamento;

  • eventuali adattamenti dell’organizzazione del lavoro o della postazione.

La ricollocazione deve essere coerente con la struttura aziendale e con le competenze residue del lavoratore e, in linea generale, la retribuzione in godimento viene mantenuta, salvo diverse previsioni della contrattazione collettiva o accordi individuali stipulati nel rispetto della normativa vigente.

 

Inidoneità e collocamento mirato

Quando l’inidoneità alla mansione è conseguenza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale che comporti l’acquisizione di una disabilità, trovano applicazione anche i principi della Legge 12 marzo 1999, n. 68, in particolare quelli relativi alla conservazione del posto di lavoro.

La normativa prevede che i datori di lavoro, pubblici e privati, siano tenuti a garantire la permanenza occupazionale dei lavoratori che abbiano acquisito una disabilità in costanza di rapporto, qualora sia possibile adibirli a mansioni equivalenti o, ove necessario, a mansioni inferiori compatibili con le condizioni di salute accertate.

In questo contesto, il sistema del collocamento mirato può intervenire anche nei casi di inidoneità sopravvenuta, favorendo percorsi di ricollocazione coerenti con le capacità lavorative residue della persona.

 

Adattamento della mansione e accomodamenti ragionevoli

La normativa nazionale, in coerenza con i principi europei di non discriminazione, prevede anche la possibilità di adottare accomodamenti ragionevoli per consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa in condizioni compatibili con lo stato di salute.

Gli accomodamenti possono riguardare:

  • l’organizzazione dell’orario di lavoro;

  • le modalità operative;

  • gli strumenti e le attrezzature;

  • l’ambiente di lavoro.

La valutazione avviene caso per caso, tenendo conto delle dimensioni dell’impresa e dell’impatto organizzativo.


 

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